Cosa viene in mente quando si sente il termine “Social Media?” Forse alcune persone pensano alla piattaforma, che li rende in grado di incontrare e comunicare con tutto il mondo. Mentre altre pensano che, i social media, sono il canale che dà loro la possibilità di inviare e ricevere molte informazioni. Altre ancora pensano che i social media sono il mezzo per ottenere molti aggiornamenti da parte di persone che seguono e, forse, qualcun altro pensa che siano uno strumento per una nuova strategia di social media marketing.
Al giorno d’oggi, i social media fanno ormai parte della nostra vita. Quando i nostri amici non rispondono al messaggio, possiamo contattarli su Facebook. Quando desideriamo ascoltare musica o vedere un video musicale del vostro cantante preferito – andiamo su YouTube. Quando ci svegliamo, non dobbiamo uscire per prendere il giornale, basta prendere il telefono e scorrere la timeline Twitter, ed avremo tutte le informazioni. Blog e forum sono anche tipi di social media perché consentono di condividere “ciò che si pensa” su articoli, foto, video e così via. Oltretutto ci sono dei social media che permettono agli utenti non solo di condividere la loro professione, titoli di studio, lavori e società, gli indirizzi, le opinioni politiche e di religione, ma anche di trovare un lavoro e permettono alle aziende di trovare e selezionare i loro dipendenti. Tutto è decisamente più facile con i social media.
Ma, dagli esempi precedenti, ho una domanda che mi frulla nella mia mente “Se tutto sembra più facile da fare con i social media, non è qualcosa di strano se la società è estremamente dipendente dai social media. Quanto è forte l’influenza e il controllo dei social media sulla vita delle persone? “Questa domanda mi porta a ricordare un caso avvenuto circa 6 anni fa.
Lasciate che vi parli di un caso indonesiano molto interessante sui social media. Nell’agosto del 2008, c’era una donna, che era conosciuta dalle persone indonesiane come Prita Mulyasari. Il suo caso è iniziato quando scrisse sulla sua delusione dei servizi di un ospedale a Jakarta. Disse e scrisse tutto ciò che riguardava l’ospedale e i pessimi servizi, che lei ricevette dai medici, infermieri e lo staff amministrativo. Successivamente, inviò un messaggio ai suoi amici della mailing list. In realtà, ha solo ricordato ai suoi amici di essere più selettivi nella scelta dell’ospedale e di essere più attenti nell’accettare i vari servizi. Ma, il suo messaggio diventò un grosso problema dopo che il suo amico lo condivise in un forum, dove fu letto e commentato da moltissime persone.
Nel settembre 2008, l’amministrazione dell’ospedale riportò a Prita Mulyasari le cattive notizie, che si erano diffuse riguardo all’ospedale. L’amministrazione dell’ospedale le chiese il pagamento di una perdita materiale di circa 161 milioni di rupie per chiarire i fatti sui quotidiani nazionali e 100 milioni di rupie per perdite immateriali. E non è tutto: fu anche arrestata nel maggio 2009. Dopo 8 mesi subì il processo di ispezione e di verifica ed fu condannata dal tribunale per violazione della legge sull’uso della ICT (Information and Communication Technology ). Questo caso si diffuse rapidamente tra il popolo indonesiano. Come tutti i problemi più comuni, ci sono sempre i pro ed i contro. Anche se il popolo indonesiano non giustificava quello che Prita aveva fatto contro l’ospedale, la maggior parte delle persone in Indonesia era preoccupata per la sua vita e la sua condizione e cercò di aiutarla almeno a pagare la somma di denaro richiesta per danni.
Il primo account di Facebook, fatto da alcune persone fu Koin Peduli Prita. Essi diffusero il messaggio “Bantu Bebaskan Prita” o “Aiutaci a liberare Prita” per gli indonesiani e li avvicinarono, per aiutare Prita raccogliendo denaro. Non ci volle molto tempo. Molti volontari, operatori sociali, attivisti, studenti e anche artisti si riunirono per aiutarla. Raccolsero molti soldi dalla gente per strada, in ufficio, e anche in un centro di intrattenimento. Alcuni cantanti tennero un concerto di beneficenza per aiutare la causa. Nel dicembre 2009, la campagna per aiutare Prita finì e si riuscì a raccogliere circa 825 milioni di rupie. Il denaro era estremamente necessario per Prita, anche se doveva ancora passare il periodo di detenzione. Tuttavia, la somma le fu molto utile non solo per pagare i danni ma anche per la sua vita, dato che era madre di due figli.
Non sto cercando di diffondere cattive notizie su di un paese o screditare qualcuno o le istituzioni. Sto solo cercando di farvi credere che, i social media, hanno la forza di influenzare e controllare la vita delle persone. Il caso di Prita spiega chiaramente a noi che, i social media, sono stati e sono in grado di rendere la vita delle persone peggiore o migliore. Tuttavia non abbiamo bisogno di stare lontani o essere anti-social media. Le persone sono più forti dei social media, perché possono facilmente pensare prima di agire e pensare prima di parlare. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, se siamo e saremo saggi quando condividiamo o condivideremo qualcosa sui social media.