Abbiamo chiesto a Marco Volpe, socio fondatore di Edita – web agency che opera nell’ambito dell’ospitalità, il valore del marketing territoriale, le criticità del settore e cos’è cambiato dopo il Covid-19 per alberghi e strutture ricettive.
Ciao Marco! Raccontaci come sei passato da tecnico informatico a consulente digitale nel settore del turismo e dell’ospitalità.
Prima è nata (con me) una grande passione per i numeri e la logica e poi è arrivata la passione per la tecnologia (i computer nel 1984 sono entrati in casa mia per la prima volta), che si è gradualmente trasformata in passione per la formazione (prima mia e poi delle persone con cui venivo in contatto) e, visto anche dove sono nato ed ho scelto di vivere, uno dei mercati più “vivaci” in cui propormi si è rivelato il settore turistico.
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Qual è il valore che un’attività come la tua apporta non solo dal punto di vista del marketer ma anche del turista?
Raccontare in maniera “efficace” una terra e le persone che la vivono durante tutto l’anno è una vera missione di evangelizzazione che trova grande supporto in coloro che, dopo aver trascorso qualche mese o anno in queste terre, decidono di trasferirsi qui per viverci, farci crescere i propri figli e lavorare accanto a chi li ha accolti.
Accogliere “fuori casa” delle persone è sempre un’opera di grande rispetto anche quando nell’immaginario generale sono altre le professioni che godono di titoli altisonanti. Il mio lavoro è far diventare questa “attitudine” un’abitudine che genera fedeltà ad un territorio in tutte le sue forme.
Qual è l’errore più frequente che commettono i tuoi clienti o con cui ti capita di scontrarti quando si parla di promozione territoriale?
L’errore più frequente che incontro è quello di mettere il prezzo al primo posto o comunque in grande evidenza. Appassionato come sono di comunicazione e linguistica, il prezzo è uno dei fattori ma sicuramente quello che vive il più grande disallineamento percettivo tra chi offre e vive in prima persona una vacanza.
Quali reputi siano gli strumenti indispensabili per costruire un modello efficace di marketing territoriale?
Nell’ordine direi:
1. Conoscere la propria terra attraverso la sua storia ufficiale e soprattutto la narrazione “appassionata” degli anziani;
2. Portare in giro amici che vengono da altri territori e che sono in grado di far comprendere la “straordinarietà” di tante piccole cose che noi autoctoni diamo per scontate;
3. Guardare i numeri ufficiali (alcuni hanno l’euro davanti) che mostrano quanto è importante, per chi si deve muovere lontano da casa, un territorio.
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Tra le altre cose, insegni/hai insegnato anche comunicazione digitale presso diversi enti educativi. Un insegnamento che hai dato e uno che hai appreso dai tuoi studenti?
Seneca diceva che “si conosce veramente qualcosa solo quando la si riesce ad insegnare” ed è stato il più grande insegnamento che ho portato a casa nel corso degli anni. L’unico elemento che non manca MAI in una lezione di Marco Volpe è il modello della “captologia” del prof. B.J. Fogg di Stanford che è davvero #tantaroba. In poche parole “per cambiare il comportamento di un essere umano serve la compresenza di tre fattori: capacità di agire, motivazione e stimolo esterno.
Con l’emergenza Covid-19 è cambiato tutto. Come si sta riorganizzando oggi il settore del turismo?
Ci sono regioni italiane che ancora non sanno se e come si riprenderanno dal colpo subito. Le località a forte vocazione turistica straniera sono in gran parte ancora chiuse per mancanza di ospiti e di operatori disposti a rischiare.
Le località e le strutture turistiche che stanno ottenendo i migliori risultati sono quelle che hanno da anni reso meno fragile il modello di impresa differenziando e combinando i mercati di riferimento. La specializzazione in questo caso non ha pagato come si pensava nel modo pre Covid-19.
Ti ringraziamo per la tua disponibilità. Un’ultima curiosità: 3 consigli pratici che daresti a un proprietario per migliorare la sua
attività.
1. Chiedere agli ospiti già sul territorio cosa cercavano all’inizio del viaggio;
2. Leggere nelle loro risposte cosa “portano a casa” come ricordo di piacere;
3. Circondarsi di collaboratori innamorati del territorio e del mestiere (e non di mercenari o artisti).